Garda Trentino Trail (Ledro) 44km nel racconto di Vittorio Gazzini
23-05-2023 10:17 - Mondo Trail, Ultra, Sky ed Extreme!
LEDRO TRAIL 44km 2400 D+
Non mi dilungherò sulle motivazioni che mi hanno portato a partecipare al Ledro Trail perché ci vorrebbe
un’enciclopedia, fatto sta che la gara avrebbe concluso un trimestre non indifferente per me, iniziato con la
Marble Hero a febbraio, continuando con le maratone di Bologna e Milano, le mezze maratone di Prato e
Lucca. Se penso che la prima volta che uscii di casa per correre fu esattamente due anni fa, sono stupito di
quanta strada ho percorso (soprattutto perché fino a 6 mesi fa manco avevo preso in considerazione di correre
più di 21 km). Ma torniamo al trail…
Da oltre una settimana tenevo d’occhio le previsioni meteo, ben sapendo che comunque sono poco attendibili,
ma con il passare dei giorni continuavano ad indicare pioggia per il 20 maggio, così ho preparato il mio zaino di
conseguenza (nel dubbio avevo anche una maglia termica perché se piove in montagna, tanto caldo non fa):
alla fine penso di aver controllato una decina di volte cosa ci fosse nello zaino perché non avrei voluto farmi
trovare impreparato.
Il sabato mattina mi reco con largo anticipo ad Arco per il ritiro del pettorale perché conoscendo il posto
sapevo che sarebbe stato ostico trovare un parcheggio, ritiro il pacco gara e vado al ritrovo per la navetta
(l’arrivo era ad Arco, ma la partenza a Molina di Ledro): ne approfitto per dormire 20 minuti durante il tragitto
sulla corriera e mi sveglio poco prima di arrivare a destinazione. Avevo lasciato un cielo nuvoloso e ne ritrovo
uno piovigginoso. Poco alla volta arrivano tutte le navette e la gente comincia a sparpagliarsi sotto gli alberi per
ripararsi un po’ dalla pioggia: alle 11:20 veniamo invitati a presentarci in griglia e mi posiziono in fondo, sia
perché a me sarebbe bastato arrivare (nel tempo limite) sia perché non avevo mai fatto una distanza simile in
montagna (3 settimane prima avevo percorso 35 km con un dislivello di 1300 m, ma il meteo era
completamente diverso).
Inizia il conto alla rovescia e alle 11:30 ecco che arriva lo sparo…
Parto pianissimo perché, avendo visto il percorso pubblicato dagli organizzatori, so che dopo 2 km inizia già la
prima sfida, ovvero 10 km di salita con un dislivello positivo di 1200 m: immediatamente il gruppo si allunga e
diventa una fila indiana dove sorpassare diventa un’impresa visto che il sentiero era stretto e permetteva il
passaggio di una sola persona. Quando il percorso lo permetteva, ovvero quando il sentiero terminava su una
strada sterrata e ci veniva permesso di “riposare le gambe”, subito si allungava il passo per cercare di prendere
il proprio ritmo. La salita è stata lunga con alcuni passaggi particolari che richiedevano un maggiore impegno,
ma in questi casi era sempre presente del personale per aiutare chi ne avesse avuto bisogno (anche se ho il
dubbio che fossero lì anche per raccattare chi fosse ruzzolato a valle).
Il paesaggio che si vedeva dalla cima, da dove si scorgeva il Lago di Ledro circondato dalle montagne, era
qualcosa di veramente spettacolare: tutto il gruppo in cui ero ha rallentato per ammirarlo.
Poco dopo aver superato la cima ecco il comparire il primo ristoro: mentre mi avvicinavo nella mia testa mi
vedevo riempire le camel bag e ripartire ma mi sono smentito da solo quando ho visto i tavoli e i volontari che
si indaffaravano a preparare panini e tagliare frutta. Non avrei mai voluto mancar loro di rispetto negando il
panino con il salame che mi offrivano, il parmigiano, la frutta fresca e secca, le bevande che continuavano a
versare senza sosta nei bicchieri dei corridori. Così la mia ipotetica pausa veloce si è trasformata in una pausa di
una decina di minuti, ma alla fine sono riuscito a staccarmi da quei tavoli e a ripartire.
Come ho detto l’obiettivo era stare nel tempo massimo e sapevo che era presente un unico cancello al km 24:
inizialmente il tempo concesso era di 4h45min per raggiungerlo, ma prima della partenza il tempo a
disposizione è stato allungato di mezz’ora. Ho capito il perchè della decisione nella prima lunga discesa sull’altro versante del monte: tornando ad una quota in cui era presente la vegetazione e dovendo attraversare
i boschi, il sentiero si era trasformato in una palude di fango. Chi come me sperava di recuperare qualcosa
facendo delle discese a scavezzacollo, è rimasto deluso.. in alcuni punti sono andato più piano che in salita
perché temevo di farmi male visti la pendenza e il terreno. Nel bosco si sentiva spesso urlare “basta fango” da
diverse persone: alla pioggia ormai non pensava più nessuno!
Arrivo al secondo ristoro nonché cancello della gara: altro giro, altra mangiata… come per il primo, non volevo
mancare di rispetto all’organizzazione non fermandomi a mangiare e bere, non sapendo che dopo solo 4 km
avrei trovato anche il baracchino in cui davano polenta e birra: da persona educata qual sono mi sono fermato
anche lì!
Una volta ripartito mi ripetevo che il più era fatto, giusto per incentivarmi perché le gambe iniziavano ad essere
stanche: mi restava solo una salita lunga da fare e poi sarebbe stata tutta discesa… ecco, pure su questo
sbagliavo perché a 2 km dalla fine un volontario mi ha indicato una strada in salita, che ad essere sincero non
era lunghissima (anche se sempre 1 km era) ma che dopo 43 km si è fatta sentire! Ma naturalmente prima di
arrivarci sono passato anche dal terzo ristoro ufficiale e anche lì mi sono comportato da persona educata!
Superata l’ultima salita è stata una volata fino al traguardo dove mi aspettavano i miei bimbi che mi hanno
accompagnato gli ultimi metri: quei soli 20 m insieme sono valsi le quasi 8 ore precedenti! Arrivare con loro che
mi incitavano e che correvano con me ridendo è stata un’emozione fantastica.
Concludo dicendo che l’intera corsa è stata un’avventura, che mi sono goduto per tutta la lunghezza e la
durata… e comunque le 8 ore in realtà sarebbero state 7 se non ci fossero stati quei ristori, quei maledetti
(mica tanto) ristori.
Fonte: Vittorio Gazzini
Non mi dilungherò sulle motivazioni che mi hanno portato a partecipare al Ledro Trail perché ci vorrebbe
un’enciclopedia, fatto sta che la gara avrebbe concluso un trimestre non indifferente per me, iniziato con la
Marble Hero a febbraio, continuando con le maratone di Bologna e Milano, le mezze maratone di Prato e
Lucca. Se penso che la prima volta che uscii di casa per correre fu esattamente due anni fa, sono stupito di
quanta strada ho percorso (soprattutto perché fino a 6 mesi fa manco avevo preso in considerazione di correre
più di 21 km). Ma torniamo al trail…
Da oltre una settimana tenevo d’occhio le previsioni meteo, ben sapendo che comunque sono poco attendibili,
ma con il passare dei giorni continuavano ad indicare pioggia per il 20 maggio, così ho preparato il mio zaino di
conseguenza (nel dubbio avevo anche una maglia termica perché se piove in montagna, tanto caldo non fa):
alla fine penso di aver controllato una decina di volte cosa ci fosse nello zaino perché non avrei voluto farmi
trovare impreparato.
Il sabato mattina mi reco con largo anticipo ad Arco per il ritiro del pettorale perché conoscendo il posto
sapevo che sarebbe stato ostico trovare un parcheggio, ritiro il pacco gara e vado al ritrovo per la navetta
(l’arrivo era ad Arco, ma la partenza a Molina di Ledro): ne approfitto per dormire 20 minuti durante il tragitto
sulla corriera e mi sveglio poco prima di arrivare a destinazione. Avevo lasciato un cielo nuvoloso e ne ritrovo
uno piovigginoso. Poco alla volta arrivano tutte le navette e la gente comincia a sparpagliarsi sotto gli alberi per
ripararsi un po’ dalla pioggia: alle 11:20 veniamo invitati a presentarci in griglia e mi posiziono in fondo, sia
perché a me sarebbe bastato arrivare (nel tempo limite) sia perché non avevo mai fatto una distanza simile in
montagna (3 settimane prima avevo percorso 35 km con un dislivello di 1300 m, ma il meteo era
completamente diverso).
Inizia il conto alla rovescia e alle 11:30 ecco che arriva lo sparo…
Parto pianissimo perché, avendo visto il percorso pubblicato dagli organizzatori, so che dopo 2 km inizia già la
prima sfida, ovvero 10 km di salita con un dislivello positivo di 1200 m: immediatamente il gruppo si allunga e
diventa una fila indiana dove sorpassare diventa un’impresa visto che il sentiero era stretto e permetteva il
passaggio di una sola persona. Quando il percorso lo permetteva, ovvero quando il sentiero terminava su una
strada sterrata e ci veniva permesso di “riposare le gambe”, subito si allungava il passo per cercare di prendere
il proprio ritmo. La salita è stata lunga con alcuni passaggi particolari che richiedevano un maggiore impegno,
ma in questi casi era sempre presente del personale per aiutare chi ne avesse avuto bisogno (anche se ho il
dubbio che fossero lì anche per raccattare chi fosse ruzzolato a valle).
Il paesaggio che si vedeva dalla cima, da dove si scorgeva il Lago di Ledro circondato dalle montagne, era
qualcosa di veramente spettacolare: tutto il gruppo in cui ero ha rallentato per ammirarlo.
Poco dopo aver superato la cima ecco il comparire il primo ristoro: mentre mi avvicinavo nella mia testa mi
vedevo riempire le camel bag e ripartire ma mi sono smentito da solo quando ho visto i tavoli e i volontari che
si indaffaravano a preparare panini e tagliare frutta. Non avrei mai voluto mancar loro di rispetto negando il
panino con il salame che mi offrivano, il parmigiano, la frutta fresca e secca, le bevande che continuavano a
versare senza sosta nei bicchieri dei corridori. Così la mia ipotetica pausa veloce si è trasformata in una pausa di
una decina di minuti, ma alla fine sono riuscito a staccarmi da quei tavoli e a ripartire.
Come ho detto l’obiettivo era stare nel tempo massimo e sapevo che era presente un unico cancello al km 24:
inizialmente il tempo concesso era di 4h45min per raggiungerlo, ma prima della partenza il tempo a
disposizione è stato allungato di mezz’ora. Ho capito il perchè della decisione nella prima lunga discesa sull’altro versante del monte: tornando ad una quota in cui era presente la vegetazione e dovendo attraversare
i boschi, il sentiero si era trasformato in una palude di fango. Chi come me sperava di recuperare qualcosa
facendo delle discese a scavezzacollo, è rimasto deluso.. in alcuni punti sono andato più piano che in salita
perché temevo di farmi male visti la pendenza e il terreno. Nel bosco si sentiva spesso urlare “basta fango” da
diverse persone: alla pioggia ormai non pensava più nessuno!
Arrivo al secondo ristoro nonché cancello della gara: altro giro, altra mangiata… come per il primo, non volevo
mancare di rispetto all’organizzazione non fermandomi a mangiare e bere, non sapendo che dopo solo 4 km
avrei trovato anche il baracchino in cui davano polenta e birra: da persona educata qual sono mi sono fermato
anche lì!
Una volta ripartito mi ripetevo che il più era fatto, giusto per incentivarmi perché le gambe iniziavano ad essere
stanche: mi restava solo una salita lunga da fare e poi sarebbe stata tutta discesa… ecco, pure su questo
sbagliavo perché a 2 km dalla fine un volontario mi ha indicato una strada in salita, che ad essere sincero non
era lunghissima (anche se sempre 1 km era) ma che dopo 43 km si è fatta sentire! Ma naturalmente prima di
arrivarci sono passato anche dal terzo ristoro ufficiale e anche lì mi sono comportato da persona educata!
Superata l’ultima salita è stata una volata fino al traguardo dove mi aspettavano i miei bimbi che mi hanno
accompagnato gli ultimi metri: quei soli 20 m insieme sono valsi le quasi 8 ore precedenti! Arrivare con loro che
mi incitavano e che correvano con me ridendo è stata un’emozione fantastica.
Concludo dicendo che l’intera corsa è stata un’avventura, che mi sono goduto per tutta la lunghezza e la
durata… e comunque le 8 ore in realtà sarebbero state 7 se non ci fossero stati quei ristori, quei maledetti
(mica tanto) ristori.
Fonte: Vittorio Gazzini
Francesco 26-05-2023
Rispetto per i ristori
Sei stato molto bravo e sicuramente molto rispettoso