SkyRace, corsa del Cuore
14-07-2014 12:32 - Mondo Trail, Ultra, Sky ed Extreme!
SkyRace.
Meditavo, salendo verso la vetta della Pania, fortemente intenzionato ad isolarmi da tutto e da tutti e concentrarmi solo sui miei passi, se non fosse più giusto chiamarla HeartRace o BrainRace. Non al cuore pulsante, mi riferisco, ma a quell´angolo del nostro essere che buttiamo verso il futuro e oltre gli ostacoli e anche a quell´altro spazio, quello cerebrale, che ci condiziona, ci fa esaltare, ci frustra, ci avvilisce, ci illude.
Si perché l´idea di farla ha prevalso in noi, piccolo manipolo di aquile, rispetto alla consapevolezza del come farla e del cosa fosse. Già in fase di preiscrizione, titubanze, incognite e perplessità erano affiorate, ma io, scioccamente forte delle mie trailarrancate sui monti pisani, mi sono mostrato, anche agli altri, come il più convinto e possibilista. Coinvolgere Letizia non è stato difficile, ma mantenere alta la sua capacità di convinzione nei giorni pregara, invece sì. Messaggi, faccine, era timorosa ed intimorita. Simone solido e consapevole era fermo nel suo intendimento e poi Mirco, sempre silenzioso e riservato, ci aveva solo detto: Ci sono!
Il dubbio che la SkyRace fosse complicata e che fosse necessario correrla col cuore e col cervello, me lo aveva insinuato passo passo il Bellinvia. Fra pruni e sudore, nelle nostre corse mattutine fra il Serra e la Verruca, continuava come in un mantra a ripetere di fare attenzione, molta attenzione. Subliminali messaggi, incuneatisi alla bocca dello stomaco, talvolta dimenticati, tal´altra presenti e nitidi, come un paio di notti prima della gara quando verso le 4 di mattina meditavo insonne se fossi più scemo o più incosciente. E così, con qualche ora notturna persa a meditare, è arrivato il giorno. Il viaggio di andata mi riserva una sorpresa: il Caleo inizia a parlare a san Giuliano e non si cheta un attimo e siccome all´ITIS era due banchi dietro il mio e so com´è fatto, resto stupefatto. Dato che a cinquant´anni suonati ci possiamo e ci dobbiamo permettere di dire le cose fuor dai denti, Mirco confessa la sua ansia e, come contagiosa sindrome, siamo tutti concordi e pieni di apprensione, ma confessarselo è liberatorio. Fino a Gallicano in auto poi coi bus navetta, Fornovolasco è nostra alle 7:15 di mattina, due ore alla partenza. Facce amiche, conoscenti, Ciapetti, Stumpo e Papeschi su tutti, non ci dividono le maglie societarie, ci unisce la speranza e l´apprensione. Chi fuma (non si fa il nome) chi compie riti, chi scherza, chi sospira, chi porta e mostra una bandiera rossocrociata e allora via con le foto. Acqua si acqua no, zainetto si oppure no. Portare una maglia di ricambio o l´antivento...l´incognita tempo assilla e infatti per rischio pioggia la partenza viene anticipata. Pronti, via, come in ogni gara le ansie e le tensioni, svaniscono. Prima rampa, ci si sgrana. Ci chiamiamo, siamo vicini, poi sempre meno, chi avanti, chi indietro. Al forato in 55 minuti, mi esalto e scatto foto, davanti sono troppo lontani, quelli dietro non mi chiapperanno. Per quanto affascinato dalla mole massiccia delle Apuane resta una gara e non mi voglio far riprendere. Avendo masticato un po´ di montagna, cerco l´appoggio sicuro delle rocce, ma il cambio di versante muta le condizioni e alla roccia asciutta si sostituiscono scivolose ed infide lastre simili a trappole. La mia corsa del cuore e del cervello comincia lì, quando una ginocchiata su uno sperone mi richiama a me stesso e mi mette in guardia e le parole del Bellinvia riecheggiano. Dato per scontato che ce la farò, perché sono allenato, metto in cascina questa convinzione ed inizia la lotta funambolica per rimanere dritti, saldi e procedere. Come su una sconfinata distesa di fragili uova, corro dove posso, rallento dove devo, ma sempre con delicatezza e leggerezza, che ogni passo può essere quello falso. Corsa probante, corsa faticosa, ma quelle che vengono meno sono le energie mentali legate all´attenzione. Lo stress generato dalla consapevolezza che il passo successivo potrebbe essere fatale, consuma. I passaggi alle corde fisse mettono alla frusta molti, quasi tutti rallentano, ma per fortuna a me non creano problemi e passo agile, anzi proprio in quei punti più scoscesi, sorpasso diversi concorrenti e davanti a me scorgo il Ferrisi. Rifugio del Freo, sale la tempesta e la cima della Pania scompare. La parte più dura deve arrivare. Raggiungo Simone, fa una smorfia e mi dice che ora arriva il bello. Si mette davanti a me e tira un passo deciso. Dalle nuvole sbuca il Bellinvia che scende sul sentiero e ci viene incontro. Pur atleta Gigante è chioccia premurosa, ci scatta foto, ci fa il filmino e ci chiede se è tutto a posto e "Soprattutto attenti a non cadere" ci grida, mentre io frugo e scopro che i pantaloncini da corsa non hanno tasche per mascherare gesti scaramantici. Ma la vista di Francesco ci da anche forza. Simone è ancora avanti ma lo sento affaticato; io sto meglio di lui e parlo, racconto cazzate, progetto corse nuove, ma lui cede e si fa da parte. Non lo voglio mollare ma abbiamo passi diversi e lo perdo. Resto solo ed è lì che mi isolo ancor di più. Non c´è vetta, non ci sono compagni, c´è solo la via da fare e va fatta bene. Vetta, arrivo e una del Soccorso Alpino mi porge un bicchiere di sali. "Non mi sembri stanco", mi dice, ma il mio cervello elabora solo che è una bella donna abbronzata, con rughe sottili e dallo sguardo limpido e sto quasi per dirglielo, ma le sorrido muto, fissandola un attimo e riparto. Vallone dell´Inferno, c´ho pensato una settimana, ma di colpo sono al rifugio Rossi e scopro che l´ho corso e superato e non mi pare di averlo nemmeno fatto. Al Rossi alzo gli occhi, Ferrisi staccato ma presente, vado del mio passo. Bosco di Piglionico, lo conosco bene e vado, forse è la parte dove corro di più. Se già il fondo era infido come un boato arriva il temporale. Acqua sopra fango e trappole sotto. Cuore e cervello, solo questo conta. Quasi un portaordini oltre le linee nemiche saltello veloce evitando le insidie, non ci sono mine, ma mille e mille radici e speroni, forre e rigagnoli infidi. Sbuco sulla sterrata, cuore e cervello cedono, troppo facile correre su una carrabile e allora l´adrenalina sfuma e mi rilasso. Imperdonabile errore, le gambe si fanno di legno e non vado come vorrei, fatico più lì in lieve discesa che per tutto ciò che ho superato. Passi dietro di me, passi nemici, mi sorpassano in tre, poi un passo amico, si affianca. Simone pare reduce da una cura dimagrante intensiva, volto scavatissimo e occhiaie, ma sorride. Ristoro prima della selva delle Rocchette. Cioccolata, sali e un pezzetto di crostata fanno il loro dovere. La lieve discesa di tre chilometri prelude all´ultimo immane sforzo: il quart´ultimo chilometro è nuovamente in fangosa, permanente e scivolosa salita. I passi nemici che mi avevano sorpassato giacciono carponi a terra. Scivolate, cadute, sangue. Mi fermo più d´una volta, cerco di aiutare ma mi rassicurano che ce la faranno. Mi raggiunge anche "Baffino" ignoto il nome come del milite, ma l´ho conosciuto ad un´altra gara e mi sta simpatico. E soprattutto lo invidio perché corre in discesa con la leggerezza di una farfalla che non si posa e solo la terra, sfiora. Ovviamente mi sorpassa e svanisce nella boscaglia, fino a quando a dietro una curva lo trovo a contorcerci per i crampi. Mi fermo, inclina la testa e dice: Vai! Boia, seminare Baffino, chi l´avrebbe detto. Procedo, Simone mi è davanti, non lo mollo e ad onor del vero lui non affonda la lama anche se forse potrebbe e mi aspetta. La strada asfaltata; un buontempone ha scritto con una bomboletta bianca Ultimo Chilometro, ma ne mancano tre e la cosa mi fa incazzare. Energie residue e Simone che allunga, ma poi fa un ricciolo (benedetta lezione delle Arrancate!). "Si arriva insieme." Tuona imperativo. Obbedisco e stringo i denti accelerando. Fornovolasco, quasi di colpo, inaspettato, Edi Nencini in Stumpo è la prima faccia amica che incrociamo, ci incita e ci scatta foto. Siamo all´Arrivo, Simone mi fa: "Si arriva per mano o come?" Per mano te lo scordi, mani alzate e sorridenti! Siamo così felici che si sorpassa la linea e si prosegue per il paese e l´addetto alle medaglie ci deve rincorrere per consegnarci ambito trofeo e maglia dei FINISCHER , perché in Garfagnana si dice così. Gioia, stupore, Mirco c´è. Letizia no. E´ stata nei nostri pensieri e nelle nostre parole, l´abbiamo cercata e mentalmente collocata lungo il percorso, dietro di noi, ma immaginandola integra e aiutante seppur sofferente. Incrocio lo sguardo del marito, mi interroga con gli occhi e non so cosa dirgli. Passa il tempo e sale l´apprensioni, voci incontrollate danno la gara per sospesa per via del maltempo. Scroscia la pioggia ci ripariamo sotto due tigli. Minuti, quarti d´ora... ancora tempo, poi di colpo trotterellante e allegra volta l´angolo e taglia il traguardo. Letizia è distrutta, ma trova energie per gridare la sua gioia e saltare felice. Mirco ha la pelle d´oca e tira su la manica per farmela vedere, io piango, e Simone pure, ma lui c´ha la scusa dell´irritazione da lenti a contatto...
Arrivano altri, Maurino, Stumpo presenti, degli amici d´arrancata manca soltanto Papeschi, ma in serata sapremo che anche lui ha concluso.
SkyRace, celo! Come scrisse qualcuna tempo fa e come si diceva da bimbi. Il ritorno è speculare all´andata, Mirco non si cheta un attimo, capisco che lo fa per zittire i dolori (brutta caduta, pare una salsiccia spellata...) ma anche per condividere di nuovo e questa volta, è gioia. Parole, parole...
conscio di non avervi detto niente della mia SkyRace, consapevole che ciò che resterà su questa pagina sarà tutto tranne le mie emozioni più profonde, perché quelle si possono condividere coi compagni d´avventura, ma non descrivere. SkyRace, fatta, ma solo ora, capisco come emergendo da un banco di nebbia, cosa sia veramente e solo ora capisco gli ammonimenti di Francesco e del Presidente e solo ora li ringrazio. Ma per comprendere è stato inevitabile sperimentare, mettere il cuore avanti e il cervello su ogni passo, interpretare ed adeguarsi ad un percorso già difficile, ma reso devastante dalla pioggia. Correre ieri è stata una delle tante prove della vita, dove la condizione atletica non è stata testata, al contrario di come si fa in altre gare. La condizione atletica ci deve essere è imperativo! Invece correndo, ognuno ha fatto i conti con le proprie determinazioni ed i propri fantasmi. SkyRace non una gara, ma un esame della vita, una presa di coscienza, un rito primordiale. Fatela, ma ad un patto, che siate allenati e anche per bene, perché quella è solo la condizione necessaria per partire. Ma per arrivare, ci vorrà il rispetto per le rocce e per le valli e cuore e cervello e buoni amici avanti e dietro che silenti, sorridenti o imploranti, saranno come i grani di una corona che la montagna scorre in perenne orazione tra le sue dita, fino a concludere il cerchio di preghiera.
Meditavo, salendo verso la vetta della Pania, fortemente intenzionato ad isolarmi da tutto e da tutti e concentrarmi solo sui miei passi, se non fosse più giusto chiamarla HeartRace o BrainRace. Non al cuore pulsante, mi riferisco, ma a quell´angolo del nostro essere che buttiamo verso il futuro e oltre gli ostacoli e anche a quell´altro spazio, quello cerebrale, che ci condiziona, ci fa esaltare, ci frustra, ci avvilisce, ci illude.
Si perché l´idea di farla ha prevalso in noi, piccolo manipolo di aquile, rispetto alla consapevolezza del come farla e del cosa fosse. Già in fase di preiscrizione, titubanze, incognite e perplessità erano affiorate, ma io, scioccamente forte delle mie trailarrancate sui monti pisani, mi sono mostrato, anche agli altri, come il più convinto e possibilista. Coinvolgere Letizia non è stato difficile, ma mantenere alta la sua capacità di convinzione nei giorni pregara, invece sì. Messaggi, faccine, era timorosa ed intimorita. Simone solido e consapevole era fermo nel suo intendimento e poi Mirco, sempre silenzioso e riservato, ci aveva solo detto: Ci sono!
Il dubbio che la SkyRace fosse complicata e che fosse necessario correrla col cuore e col cervello, me lo aveva insinuato passo passo il Bellinvia. Fra pruni e sudore, nelle nostre corse mattutine fra il Serra e la Verruca, continuava come in un mantra a ripetere di fare attenzione, molta attenzione. Subliminali messaggi, incuneatisi alla bocca dello stomaco, talvolta dimenticati, tal´altra presenti e nitidi, come un paio di notti prima della gara quando verso le 4 di mattina meditavo insonne se fossi più scemo o più incosciente. E così, con qualche ora notturna persa a meditare, è arrivato il giorno. Il viaggio di andata mi riserva una sorpresa: il Caleo inizia a parlare a san Giuliano e non si cheta un attimo e siccome all´ITIS era due banchi dietro il mio e so com´è fatto, resto stupefatto. Dato che a cinquant´anni suonati ci possiamo e ci dobbiamo permettere di dire le cose fuor dai denti, Mirco confessa la sua ansia e, come contagiosa sindrome, siamo tutti concordi e pieni di apprensione, ma confessarselo è liberatorio. Fino a Gallicano in auto poi coi bus navetta, Fornovolasco è nostra alle 7:15 di mattina, due ore alla partenza. Facce amiche, conoscenti, Ciapetti, Stumpo e Papeschi su tutti, non ci dividono le maglie societarie, ci unisce la speranza e l´apprensione. Chi fuma (non si fa il nome) chi compie riti, chi scherza, chi sospira, chi porta e mostra una bandiera rossocrociata e allora via con le foto. Acqua si acqua no, zainetto si oppure no. Portare una maglia di ricambio o l´antivento...l´incognita tempo assilla e infatti per rischio pioggia la partenza viene anticipata. Pronti, via, come in ogni gara le ansie e le tensioni, svaniscono. Prima rampa, ci si sgrana. Ci chiamiamo, siamo vicini, poi sempre meno, chi avanti, chi indietro. Al forato in 55 minuti, mi esalto e scatto foto, davanti sono troppo lontani, quelli dietro non mi chiapperanno. Per quanto affascinato dalla mole massiccia delle Apuane resta una gara e non mi voglio far riprendere. Avendo masticato un po´ di montagna, cerco l´appoggio sicuro delle rocce, ma il cambio di versante muta le condizioni e alla roccia asciutta si sostituiscono scivolose ed infide lastre simili a trappole. La mia corsa del cuore e del cervello comincia lì, quando una ginocchiata su uno sperone mi richiama a me stesso e mi mette in guardia e le parole del Bellinvia riecheggiano. Dato per scontato che ce la farò, perché sono allenato, metto in cascina questa convinzione ed inizia la lotta funambolica per rimanere dritti, saldi e procedere. Come su una sconfinata distesa di fragili uova, corro dove posso, rallento dove devo, ma sempre con delicatezza e leggerezza, che ogni passo può essere quello falso. Corsa probante, corsa faticosa, ma quelle che vengono meno sono le energie mentali legate all´attenzione. Lo stress generato dalla consapevolezza che il passo successivo potrebbe essere fatale, consuma. I passaggi alle corde fisse mettono alla frusta molti, quasi tutti rallentano, ma per fortuna a me non creano problemi e passo agile, anzi proprio in quei punti più scoscesi, sorpasso diversi concorrenti e davanti a me scorgo il Ferrisi. Rifugio del Freo, sale la tempesta e la cima della Pania scompare. La parte più dura deve arrivare. Raggiungo Simone, fa una smorfia e mi dice che ora arriva il bello. Si mette davanti a me e tira un passo deciso. Dalle nuvole sbuca il Bellinvia che scende sul sentiero e ci viene incontro. Pur atleta Gigante è chioccia premurosa, ci scatta foto, ci fa il filmino e ci chiede se è tutto a posto e "Soprattutto attenti a non cadere" ci grida, mentre io frugo e scopro che i pantaloncini da corsa non hanno tasche per mascherare gesti scaramantici. Ma la vista di Francesco ci da anche forza. Simone è ancora avanti ma lo sento affaticato; io sto meglio di lui e parlo, racconto cazzate, progetto corse nuove, ma lui cede e si fa da parte. Non lo voglio mollare ma abbiamo passi diversi e lo perdo. Resto solo ed è lì che mi isolo ancor di più. Non c´è vetta, non ci sono compagni, c´è solo la via da fare e va fatta bene. Vetta, arrivo e una del Soccorso Alpino mi porge un bicchiere di sali. "Non mi sembri stanco", mi dice, ma il mio cervello elabora solo che è una bella donna abbronzata, con rughe sottili e dallo sguardo limpido e sto quasi per dirglielo, ma le sorrido muto, fissandola un attimo e riparto. Vallone dell´Inferno, c´ho pensato una settimana, ma di colpo sono al rifugio Rossi e scopro che l´ho corso e superato e non mi pare di averlo nemmeno fatto. Al Rossi alzo gli occhi, Ferrisi staccato ma presente, vado del mio passo. Bosco di Piglionico, lo conosco bene e vado, forse è la parte dove corro di più. Se già il fondo era infido come un boato arriva il temporale. Acqua sopra fango e trappole sotto. Cuore e cervello, solo questo conta. Quasi un portaordini oltre le linee nemiche saltello veloce evitando le insidie, non ci sono mine, ma mille e mille radici e speroni, forre e rigagnoli infidi. Sbuco sulla sterrata, cuore e cervello cedono, troppo facile correre su una carrabile e allora l´adrenalina sfuma e mi rilasso. Imperdonabile errore, le gambe si fanno di legno e non vado come vorrei, fatico più lì in lieve discesa che per tutto ciò che ho superato. Passi dietro di me, passi nemici, mi sorpassano in tre, poi un passo amico, si affianca. Simone pare reduce da una cura dimagrante intensiva, volto scavatissimo e occhiaie, ma sorride. Ristoro prima della selva delle Rocchette. Cioccolata, sali e un pezzetto di crostata fanno il loro dovere. La lieve discesa di tre chilometri prelude all´ultimo immane sforzo: il quart´ultimo chilometro è nuovamente in fangosa, permanente e scivolosa salita. I passi nemici che mi avevano sorpassato giacciono carponi a terra. Scivolate, cadute, sangue. Mi fermo più d´una volta, cerco di aiutare ma mi rassicurano che ce la faranno. Mi raggiunge anche "Baffino" ignoto il nome come del milite, ma l´ho conosciuto ad un´altra gara e mi sta simpatico. E soprattutto lo invidio perché corre in discesa con la leggerezza di una farfalla che non si posa e solo la terra, sfiora. Ovviamente mi sorpassa e svanisce nella boscaglia, fino a quando a dietro una curva lo trovo a contorcerci per i crampi. Mi fermo, inclina la testa e dice: Vai! Boia, seminare Baffino, chi l´avrebbe detto. Procedo, Simone mi è davanti, non lo mollo e ad onor del vero lui non affonda la lama anche se forse potrebbe e mi aspetta. La strada asfaltata; un buontempone ha scritto con una bomboletta bianca Ultimo Chilometro, ma ne mancano tre e la cosa mi fa incazzare. Energie residue e Simone che allunga, ma poi fa un ricciolo (benedetta lezione delle Arrancate!). "Si arriva insieme." Tuona imperativo. Obbedisco e stringo i denti accelerando. Fornovolasco, quasi di colpo, inaspettato, Edi Nencini in Stumpo è la prima faccia amica che incrociamo, ci incita e ci scatta foto. Siamo all´Arrivo, Simone mi fa: "Si arriva per mano o come?" Per mano te lo scordi, mani alzate e sorridenti! Siamo così felici che si sorpassa la linea e si prosegue per il paese e l´addetto alle medaglie ci deve rincorrere per consegnarci ambito trofeo e maglia dei FINISCHER , perché in Garfagnana si dice così. Gioia, stupore, Mirco c´è. Letizia no. E´ stata nei nostri pensieri e nelle nostre parole, l´abbiamo cercata e mentalmente collocata lungo il percorso, dietro di noi, ma immaginandola integra e aiutante seppur sofferente. Incrocio lo sguardo del marito, mi interroga con gli occhi e non so cosa dirgli. Passa il tempo e sale l´apprensioni, voci incontrollate danno la gara per sospesa per via del maltempo. Scroscia la pioggia ci ripariamo sotto due tigli. Minuti, quarti d´ora... ancora tempo, poi di colpo trotterellante e allegra volta l´angolo e taglia il traguardo. Letizia è distrutta, ma trova energie per gridare la sua gioia e saltare felice. Mirco ha la pelle d´oca e tira su la manica per farmela vedere, io piango, e Simone pure, ma lui c´ha la scusa dell´irritazione da lenti a contatto...
Arrivano altri, Maurino, Stumpo presenti, degli amici d´arrancata manca soltanto Papeschi, ma in serata sapremo che anche lui ha concluso.
SkyRace, celo! Come scrisse qualcuna tempo fa e come si diceva da bimbi. Il ritorno è speculare all´andata, Mirco non si cheta un attimo, capisco che lo fa per zittire i dolori (brutta caduta, pare una salsiccia spellata...) ma anche per condividere di nuovo e questa volta, è gioia. Parole, parole...
conscio di non avervi detto niente della mia SkyRace, consapevole che ciò che resterà su questa pagina sarà tutto tranne le mie emozioni più profonde, perché quelle si possono condividere coi compagni d´avventura, ma non descrivere. SkyRace, fatta, ma solo ora, capisco come emergendo da un banco di nebbia, cosa sia veramente e solo ora capisco gli ammonimenti di Francesco e del Presidente e solo ora li ringrazio. Ma per comprendere è stato inevitabile sperimentare, mettere il cuore avanti e il cervello su ogni passo, interpretare ed adeguarsi ad un percorso già difficile, ma reso devastante dalla pioggia. Correre ieri è stata una delle tante prove della vita, dove la condizione atletica non è stata testata, al contrario di come si fa in altre gare. La condizione atletica ci deve essere è imperativo! Invece correndo, ognuno ha fatto i conti con le proprie determinazioni ed i propri fantasmi. SkyRace non una gara, ma un esame della vita, una presa di coscienza, un rito primordiale. Fatela, ma ad un patto, che siate allenati e anche per bene, perché quella è solo la condizione necessaria per partire. Ma per arrivare, ci vorrà il rispetto per le rocce e per le valli e cuore e cervello e buoni amici avanti e dietro che silenti, sorridenti o imploranti, saranno come i grani di una corona che la montagna scorre in perenne orazione tra le sue dita, fino a concludere il cerchio di preghiera.
Traccia Garmin
Fonte: Sercostanzo
Il Presidente 14-07-2014
Ad uso e consumo di coloro che vorranno farla!
Descrizione perfetta! Ad uso e consumo dei prossimi che vorranno cimentarsi nella sfida. Da rispettare! Da ben preparare, oltre le proprie convinzioni e con le giuste paure che aumenteranno le difese e l´attenzione. Bravo!
video
SkyRace 2014
Estrapolato dalla traccia Garmin un pò di scena, che spero serva a rendere l´idea...