Coscerno EcoTrail: provato un trail, non torni più indietro ...
15-07-2014 12:02 - Mondo Trail, Ultra, Sky ed Extreme!
Aveva proprio ragione Cristiana: una volta che hai provato il trail, non torni più indietro.
Ed è stata proprio Cristiana che, dopo l´uscita di trail in notturna insieme a Mario, mi ha parlato della Coscerno Ecotrail.
"E´ una corsa tranquilla...", dicevano. "Una cosa per famiglie", dicevano.
Sono state queste le parole che mi hanno convinto a partecipare alla mia prima trail competitiva alla conquista della vetta del Monte Coscerno (PG) insieme all´amico Mario, veterano di trail veramente toste!
All´arrivo a Poggiodomo, paese da cui parte la gara... mi rendo conto d´averla fatta fuori dal vaso!
Nel paese di poche anime si aggiravano dei cloni di Kilian Jornet e Anton Krupicka... "oh Mario, ma dove m´hai portato?!?"
"Non ti preoccupare, te fai la tua gara... tutta apparenza!", mi risponde per cercare di tranquillizzarmi.
Mi guardo intorno sulla linea di partenza, in cerca di conforto e noto una "tombolottina" sui 50 anni quasi più larga che lunga: "dai, ultimo non arrivo!", dico dentro di me con un velo di cattiveria.
Dopo il brief, del quale ho colto solo alcune parole che non hanno fatto altro che aumentare il mio stato di agitazione (una di queste è "chilometro verticale"), gli organizzatori decidono di anticipare di qualche minuto la partenza nella speranza di scongiurare il rischio maltempo: si parte!
E si parte nel modo più traumatico possibile, per come la vedo io: discesa a capofitto nel bosco con la quale si perdono circa 400 metri di quota.
Una discesa che mi è sembrata durare un´infinità di tempo, scandita solo dal mio respiro affannato e dai sorpassi che mi sono beccato da quasi tutti gli altri partecipanti: mi sembrava d´essere un bradipo in mezzo agli stambecchi... ma quanto vanno in discesa?!?
Proprio non riesco a a far girare le gambe, che per la tensione continua diventano due blocchi di marmo.
Arrivo alla fine della discesa letteralmente cotto... ed è solo l´inizio!
Si presenta davanti a me la salita: chilometri di tornanti tra le pietraie che approccio camminando, è il massimo che mi permettono le gambe in quel momento.
Pian piano accelero il passo e mi ritrovo con un gruppetto capitanato dalla mia vittima predestinata, la "tombolottina", e per un attimo da bradipo mi trasformo in leone che finalmente ha trovato la sua gazzella!
Mi preparo al balzo ma... oh, ´sta gazzella sgambetta un po´ troppo fortino!
Anzi... la sento anche chiacchierare tranquilla mentre io sono quasi in apnea nel tentativo di starle dietro.
Colgo da lei queste parole, solo queste: "Quest´anno al Passatore ho fatto meglio delle 5 volte precedenti!".
Il mio morale a quel punto ha trovato umido rifugio nei calzini!
Ma la gara continua e anche se per un attimo, un attimo solo, penso al ritiro, mi faccio forza dopo il primo ristoro: la gara prosegue su un tratto asfaltato in salita, fondo a me più familiare. Riconosco Mario davanti a me di qualche centinaio di metri, il ché mi dona un po´ di energie e decido di correre un po´ mentre quasi tutti intorno a me stanno camminando.
L´azzardo mi permette di recuperare un po´ di posizioni e, con esse, un barlume di morale.
Lasciamo presto l´asfalto per tornare su un bel sentiero di montagna cadenzato dai tornanti: riesco a tenere botta fino al secondo ristoro, dove mi rendo conto che ci stiamo alzando di quota, e con la quota arriva anche il vento che, sul corpo completamente sudato, percepisco freddo come la Tramontana a Gennaio.
Per fortuna il buon Mario mi aveva dato un paio di dritte alla partenza (grazie Mario!): "prepara già i manicotti arrotolati sui polsi, serviranno. E tieni a portata di mano l´antivento!".
Velocemente faccio salire i manicotti, che fino a quel momento avevo utilizzato come tergisudore, e indosso il mi(s)tico antivento che, nello stato in cui ero, forse mi ha salvato da una congestione o, nella migliore delle ipotesi, da una pausa imprevista dietro ad un albero.
Nel frattempo un breve tratto di discesa in un prato alle pendici di un bosco mi fa riprendere fiato, riesco a far girare un po´ le gambe e supero qualche infreddolito concorrente che non ha avuto "un Mario" ad elargire consigli.
Ma si sa: ad ogni discesa poi corrisponde sempre una salita. Si sale nei boschi, ad una pendenza che continua a permettermi di correre.
Presto usciamo dai boschi e la salita si fa più erta in mezzo ai bellissimi prati circondati da viste mozzafiato, anche se presto il vento rinforza ancora di più ed il sole viene coperto dalle nuvole basse, dentro le quali di lì a poco mi ritrovo a correre.
Dopo qualche chilometro mi trovo di fronte ad un muro. Verde. Alto. Eccomi arrivato al famigerato "chilometro verticale", ultimo ostacolo prima della vetta a 1700 metri.
L´ho percepito come il chilometro più lungo della mia vita, un chilometro da fare col cuore e basta, perché ormai delle gambe è rimasto ben poco.
Con un ultimo sforzo, fatto con energie che non credevo di avere, mi ritrovo sulla cima del Monte Coscerno, dove mi attende un ristoro che pare essere stato saccheggiato dalle locuste: oltre all´acqua, solo qualche pezzo di arancia e due mezze banane. I volontari rassicurano che sta arrivando un rifornimento, ma non voglio aspettare, e la voglia di nuove energie è tale che vorrei spazzolarmi entrambi i pezzi di banana.
Butto un occhio in basso e vedo un altro partecipante ancora alle prese col chilometro verticale: non lo conosco, ma sento il bisogno di lasciargli quel pezzo di banana. A buon rendere, magari.
Riparto per percorrere l´altopiano sul Coscerno, dove si alternano brevi discese a strappi in salita... si, ma dove?!?
Le nubi portate dalle forti raffiche di vento sono così basse da nascondere completamente il sentiero tracciato. I volontari mi urlano "Segui le reti!"; effettivamente l´unico punto di riferimento in quelle condizioni sono le reti di contenimento antifrana sul lato sinistro.
Quasi contemporaneamente sento un altro urlo: "Non ti preoccupare per noi, lasciaci qui! Ce la caveremo!". Sono le mie gambe, che da ora in poi mi permetteranno solo di alternare camminata (tanta) e corsa (pochissima).
Dopo qualche chilometro inizia l´infinita discesa che ci porta di nuovo a Poggiodomo: nonostante le mie buone intenzioni di portarle con me vista l´affezione che ci lega fin dalla nascita, effettivamente le gambe hanno deciso di bivaccare altrove; al loro posto i soliti due blocchi di marmo che si erano già palesati nella prima discesa della gara.
Purtroppo mi vedo sfilare da diversi partecipanti, ma proprio non riesco a fare di meglio.
Gli ultimi chilometri in discesa sono una sofferenza in solitaria, ma ormai vedo il paese: dai!
Entro in paese, ormai sono le ultime centinaia di metri. Arrivano i primi incitamenti: sono Mario e Cristina, che mi danno la forza di accelerare ormai in vista del traguardo. Altri incitamenti arrivano dai partecipanti che sono arrivati prima di me, e tra i loro "cinque" riesco finalmente a tagliare l´ormai insperato traguardo!
Sensazione a caldo: ma chi me l´ha fatto fare?!? Mai più!
Sensazione a freddo: a quando la prossima trail?
Chiudo questo mio contributo come l´ho aperto. Aveva proprio ragione Cristiana: una volta che hai provato il trail, non torni più indietro.
Fonte: Alessio Sbrana
Ed è stata proprio Cristiana che, dopo l´uscita di trail in notturna insieme a Mario, mi ha parlato della Coscerno Ecotrail.
"E´ una corsa tranquilla...", dicevano. "Una cosa per famiglie", dicevano.
Sono state queste le parole che mi hanno convinto a partecipare alla mia prima trail competitiva alla conquista della vetta del Monte Coscerno (PG) insieme all´amico Mario, veterano di trail veramente toste!
All´arrivo a Poggiodomo, paese da cui parte la gara... mi rendo conto d´averla fatta fuori dal vaso!
Nel paese di poche anime si aggiravano dei cloni di Kilian Jornet e Anton Krupicka... "oh Mario, ma dove m´hai portato?!?"
"Non ti preoccupare, te fai la tua gara... tutta apparenza!", mi risponde per cercare di tranquillizzarmi.
Mi guardo intorno sulla linea di partenza, in cerca di conforto e noto una "tombolottina" sui 50 anni quasi più larga che lunga: "dai, ultimo non arrivo!", dico dentro di me con un velo di cattiveria.
Dopo il brief, del quale ho colto solo alcune parole che non hanno fatto altro che aumentare il mio stato di agitazione (una di queste è "chilometro verticale"), gli organizzatori decidono di anticipare di qualche minuto la partenza nella speranza di scongiurare il rischio maltempo: si parte!
E si parte nel modo più traumatico possibile, per come la vedo io: discesa a capofitto nel bosco con la quale si perdono circa 400 metri di quota.
Una discesa che mi è sembrata durare un´infinità di tempo, scandita solo dal mio respiro affannato e dai sorpassi che mi sono beccato da quasi tutti gli altri partecipanti: mi sembrava d´essere un bradipo in mezzo agli stambecchi... ma quanto vanno in discesa?!?
Proprio non riesco a a far girare le gambe, che per la tensione continua diventano due blocchi di marmo.
Arrivo alla fine della discesa letteralmente cotto... ed è solo l´inizio!
Si presenta davanti a me la salita: chilometri di tornanti tra le pietraie che approccio camminando, è il massimo che mi permettono le gambe in quel momento.
Pian piano accelero il passo e mi ritrovo con un gruppetto capitanato dalla mia vittima predestinata, la "tombolottina", e per un attimo da bradipo mi trasformo in leone che finalmente ha trovato la sua gazzella!
Mi preparo al balzo ma... oh, ´sta gazzella sgambetta un po´ troppo fortino!
Anzi... la sento anche chiacchierare tranquilla mentre io sono quasi in apnea nel tentativo di starle dietro.
Colgo da lei queste parole, solo queste: "Quest´anno al Passatore ho fatto meglio delle 5 volte precedenti!".
Il mio morale a quel punto ha trovato umido rifugio nei calzini!
Ma la gara continua e anche se per un attimo, un attimo solo, penso al ritiro, mi faccio forza dopo il primo ristoro: la gara prosegue su un tratto asfaltato in salita, fondo a me più familiare. Riconosco Mario davanti a me di qualche centinaio di metri, il ché mi dona un po´ di energie e decido di correre un po´ mentre quasi tutti intorno a me stanno camminando.
L´azzardo mi permette di recuperare un po´ di posizioni e, con esse, un barlume di morale.
Lasciamo presto l´asfalto per tornare su un bel sentiero di montagna cadenzato dai tornanti: riesco a tenere botta fino al secondo ristoro, dove mi rendo conto che ci stiamo alzando di quota, e con la quota arriva anche il vento che, sul corpo completamente sudato, percepisco freddo come la Tramontana a Gennaio.
Per fortuna il buon Mario mi aveva dato un paio di dritte alla partenza (grazie Mario!): "prepara già i manicotti arrotolati sui polsi, serviranno. E tieni a portata di mano l´antivento!".
Velocemente faccio salire i manicotti, che fino a quel momento avevo utilizzato come tergisudore, e indosso il mi(s)tico antivento che, nello stato in cui ero, forse mi ha salvato da una congestione o, nella migliore delle ipotesi, da una pausa imprevista dietro ad un albero.
Nel frattempo un breve tratto di discesa in un prato alle pendici di un bosco mi fa riprendere fiato, riesco a far girare un po´ le gambe e supero qualche infreddolito concorrente che non ha avuto "un Mario" ad elargire consigli.
Ma si sa: ad ogni discesa poi corrisponde sempre una salita. Si sale nei boschi, ad una pendenza che continua a permettermi di correre.
Presto usciamo dai boschi e la salita si fa più erta in mezzo ai bellissimi prati circondati da viste mozzafiato, anche se presto il vento rinforza ancora di più ed il sole viene coperto dalle nuvole basse, dentro le quali di lì a poco mi ritrovo a correre.
Dopo qualche chilometro mi trovo di fronte ad un muro. Verde. Alto. Eccomi arrivato al famigerato "chilometro verticale", ultimo ostacolo prima della vetta a 1700 metri.
L´ho percepito come il chilometro più lungo della mia vita, un chilometro da fare col cuore e basta, perché ormai delle gambe è rimasto ben poco.
Con un ultimo sforzo, fatto con energie che non credevo di avere, mi ritrovo sulla cima del Monte Coscerno, dove mi attende un ristoro che pare essere stato saccheggiato dalle locuste: oltre all´acqua, solo qualche pezzo di arancia e due mezze banane. I volontari rassicurano che sta arrivando un rifornimento, ma non voglio aspettare, e la voglia di nuove energie è tale che vorrei spazzolarmi entrambi i pezzi di banana.
Butto un occhio in basso e vedo un altro partecipante ancora alle prese col chilometro verticale: non lo conosco, ma sento il bisogno di lasciargli quel pezzo di banana. A buon rendere, magari.
Riparto per percorrere l´altopiano sul Coscerno, dove si alternano brevi discese a strappi in salita... si, ma dove?!?
Le nubi portate dalle forti raffiche di vento sono così basse da nascondere completamente il sentiero tracciato. I volontari mi urlano "Segui le reti!"; effettivamente l´unico punto di riferimento in quelle condizioni sono le reti di contenimento antifrana sul lato sinistro.
Quasi contemporaneamente sento un altro urlo: "Non ti preoccupare per noi, lasciaci qui! Ce la caveremo!". Sono le mie gambe, che da ora in poi mi permetteranno solo di alternare camminata (tanta) e corsa (pochissima).
Dopo qualche chilometro inizia l´infinita discesa che ci porta di nuovo a Poggiodomo: nonostante le mie buone intenzioni di portarle con me vista l´affezione che ci lega fin dalla nascita, effettivamente le gambe hanno deciso di bivaccare altrove; al loro posto i soliti due blocchi di marmo che si erano già palesati nella prima discesa della gara.
Purtroppo mi vedo sfilare da diversi partecipanti, ma proprio non riesco a fare di meglio.
Gli ultimi chilometri in discesa sono una sofferenza in solitaria, ma ormai vedo il paese: dai!
Entro in paese, ormai sono le ultime centinaia di metri. Arrivano i primi incitamenti: sono Mario e Cristina, che mi danno la forza di accelerare ormai in vista del traguardo. Altri incitamenti arrivano dai partecipanti che sono arrivati prima di me, e tra i loro "cinque" riesco finalmente a tagliare l´ormai insperato traguardo!
Sensazione a caldo: ma chi me l´ha fatto fare?!? Mai più!
Sensazione a freddo: a quando la prossima trail?
Chiudo questo mio contributo come l´ho aperto. Aveva proprio ragione Cristiana: una volta che hai provato il trail, non torni più indietro.
Fonte: Alessio Sbrana